Il calcio come potrebbe migliorare con due regolette

Dal 1990 il mondo del calcio cerca di modificare le regole per rendere il gioco più spettacolare (?) grazie a qualche gol in più: quantità più che qualità. Servono gol, magari generosamente ottenuti dal dischetto del rigore, per soddisfare queste attese con prevalente spinta commerciale. Il processo è complicato e sta coinvolgendo tutti gli attori del movimento calcistico, a partire da Fifa e Ifab, e sembra voler ancora oggi intervenire pesantemente sulle regole.

Per esempio sul fuorigioco. Ma le prove di eliminare il fuorigioco sono state fatte e sono disastrose:  tutti in un’area, alcuni anche dentro la porta, alla ricerca del gol. Poi, lentamente, tutti nell’altra, con lo stesso scopo.

Ma chi vuole più goal è sempre in mobilitazione. Eppure tutti sappiamo che le partite che finiscono 7 a 0 non sono mai interessanti. Nel 1990 si pensò anche di ampliare le porte. Non passò, ma si penalizzarono i portieri impedendo loro di raccogliere con le mani il pallone che il compagno, in difficoltà, gli forniva. Sempre costanti e in evoluzione i provvedimenti contro i difensori allo scopo di favorire gli attaccanti: il numero dei gol per partita, circa due, cominciò a crescere. E continuò a lievitare per la velocità che gli allenatori chiesero ai loro giocatori. Adesso la tendenza è fare più goal aumentando i rigori, così tutto quello che succede in area penalizza i difensori e privilegia attaccanti e truffatori. Prima almeno occorreva la “volontarietà”, adesso niente è involontario, tutto è «congruo» per il tiro dal dischetto. Ha scritto l’ex arbitro Paolo Casarin: “Rigore. Il buon senso degli arbitri è lento ma esiste. Il calcio è stato pensato per fare qualche gol e per difenderlo. Il rigore è la punizione massima perché risarcisce un fallo sull’attaccante vicino al gol vero. Solo quello, il resto è un regalo ingiusto. Di una cosa sono certo, salvo un miracolo: con questa tendenza forzata abbiamo creato un calcio nuovo del tutto diverso per spirito e partecipazione a quello delle radici. Una separazione netta”

Le uniche riforme serie, invece di questa tendenza a far aumentare i goal (come se dal loro numero derivasse lo spettacolo), sarebbero il tempo effettivo, per eliminare i perditempo e le interruzioni-manfrina per rifiatare (oggi tutti stramazzano a terra toccandosi il capo); e utilizzare per ogni partita due o tre challenge a squadra del Var, cioè ogni allenatore dovrebbe poter richiedere l’intervento se giudicasse dubbia la decisione dell’arbitro. Al Var occorrerebbe un esterno, non un altro arbitro ma uno specialista che media tra squadre e arbitri. Se si pensa che in ogni partita gli episodi dubbi non sono mai più di tre si eliminerebbe la litania “perchè il Var non è intervenuto?”. Il Var affidato ad uno che non è un collega (o compare) dell’arbitro diventerebbe una garanzia superiore, come nel football americano.