L’Italia tranquilla di Zinga e quella disperata di Salvini

Quando Formigli mostra al vice segretario del pd Orlando i sondaggi che vedono il centro destra vincere sia se ci sarà il partito di Conte sia se Conte sarà il capo del M5S sa solo dire: “In politica se si escludono le vie che non sono percorribili restano quelle percorribili”. Dopo il Conte 1 e quello 2 il pd non ha ancora capito le due Italie opposte che si fronteggiano.

La prima è rappresentata da quella che chiamavamo sinistra, e sono i garantiti tranquilli: quei ceti, in primis il pubblico impiego, che dalla pandemia hanno avuto solo vantaggi. Quelli che non hanno perso un euro e fanno finta di lavorare da casa (altri lo fanno per davvero ma sono pochi). Si riconoscono subito, hanno l’abbronzatura perchè curano l’orto o vanno a pesca. Oppure tutti quelli che hanno rendite, o capitali. Insomma, per capirci, impiegati e capitalisti.

Salvini invece rappresenta e dà voce ai disperati non garantiti, quelli che la pandemia ha rovinato. Tutti quelli che hanno negozi (tranne i fruttivendoli) imprese, ristoranti, alberghi, palestre, i liberi professionisti, gli autonomi.

In ogni tragedia della storia si crea uno spartiacque, tra chi ne ricava benefici e chi ne esce distrutto. I ristori dello Stato sono cerotti, ma la ferita resta aperta e sanguina perchè i non garantiti non vedono un futuro. Prima o poi marceranno di nuovo su Roma.

Ecco, il governo che si autocompiace e si trastulla con il “mal comune mezzo gaudio”, ritenendo di aver affrontato il covid meglio di altri, non sa che in Germania, per esempio, la gente da marzo 2020 ad oggi non ha di fatto subìto le limitazioni che abbiamo avuto noi. Ma è del tutto inutile imbarcarci nei dati internazionali, confrontare morti e contagi (basta solo leggersi il libro di Ricolfi e poi sapere che abbiamo ancora nel 2021 il piano pandemico del 2006), o rimpiangere il Mes che dovevano chiedere a giugno.

Il nostro futuro, non quanto fatto nel 2020, si gioca su una gara appena cominciata: chi vaccina prima tutta la popolazione per far ripartire prima degli altri il proprio sistema economico? Allora una cosa dovrebbero ben sapere Zinga, Orlando, Bersani e Franceschini. Con Conte e Arcuri noi non andiamo da nessuna parte. Noi andiamo a sbattere, lo sanno tutti, da febbraio del 2020. 504 giorni dopo anche Zinga dovrebbe averlo capito, altrimenti non è il fratello di Montalbano ma di Cretinetti.

Possiamo inventare spot e primule, raccontarci storie e storielle, ma non abbiamo un Grande Organizzatore che possa rimediare all’inefficienza della pubblica amministrazione. Se tanto mi dà tanto e pur avendo i soldi non riusciamo dopo 30 anni a finire la Metro C di Roma, come volete che vacciniamo il 70% della popolazione italiana? Come volete che spendiamo i soldi del Recovery se l’Ue vuole che in sei mesi finiamo i progetti?

Insomma, a gennaio 2021, ben prima di Renzi, Zinga avrebbe dovuto parlare al paese, ai non garantiti, e assumere con loro impegni precisi: vi vaccineremo tutti entro il giorno X, per la sanità spenderemo Y entro giorno Z, finiremo tutte le opere finanziate entro giorno K. Un cronoprogramma dettagliato da imporre ad un governo nuovo dove far entrare personalità capaci di organizzare il tutto. Conte e i 5 Stelle non lo avrebbero accettato? Allora elezioni subito, con il pd che chiama gli elettori su quel programma concreto, preciso, vincolante. Noi siamo qui non per farvi promesse ma per garantire il futuro.

Due domande cruciali Zinga (& Bettini) non si sono mai posti: (1) perchè Salvini a Conte non lo ha fatto contare nulla e noi lo abbiamo innalzato sugli altari? (2) aveva ragione Mao quando diceva che non importa se il gatto sia rosso o nero purchè mangi i topi?

Ha scritto Flavia Perina: “Certo, serve un modello. Un’idea di Paese che associ al tran tran dei garantiti (i pensionati, i lavoratori pubblici a reddito certo) nuove prospettive per gli altri e soprattutto per le donne, che potrebbero qualificarsi come vero motore della resilienza. Un progetto che traduca in realtà l’ispirazione green dei finanziamenti europei – un’ispirazione che sembrerebbe fatta apposta per noi – e non sciupi le enormi opportunità economiche del Next Generation Eu in ambizioni modeste o addirittura fraudolente. Il genius loci italiano, cioè l’inclinazione alla socialità e alla bellezza, potrebbe addirittura uscirne irrobustito, e la domanda “Che ci faccio qui?” potrebbe trovare nuove risposte, più soddisfacenti della vita da eterni vitelloni felliniani che sembrava il nostro destino”.