Fubini spiega il Recovery del furbastro Conte

(F. Fubini, Corsera, pag. 8) A pagina 99 della bozza del governo compare un cenno che — c’è da scommetterci — sparirà alla prossima versione. Si parla di «personale di società pubbliche in house o partecipate» che potrebbe entrare nella struttura da costituire sotto la Presidenza del Consiglio per gestire i fondi. Ora, delle due l’una: o le società partecipate dallo Stato si candidano a ricevere i denari del Recovery Fund, oppure a distribuirli. Non possono essere insieme arbitri e giocatori, ma qui si avverte già una tensione con Bruxelles. La Commissione Ue ha fatto sapere che si applicano anche al Recovery Fund le regole sugli aiuti di Stato: i sussidi devono beneficiare i consumatori (per esempio sotto forma di bollette o tariffe più basse), non le imprese che li incassano; ma soprattutto ogni progetto va sottoposto a un bando di gara a cui possano partecipare tutte le imprese europee.

Siamo lontani dall’approccio del governo, il quale ha chiesto idee per il Recovery Fund alle grandi aziende quotate che controlla. È comprensibile che queste ultime ora si aspettino contratti europei in affidamento diretto. Bruxelles non lo permetterà.E le riforme?

Queste sono una condizione necessaria e la bozza di piano si apre promettendo — pezzo forte — un profondissimo riassetto della giustizia. Si prospetta persino una riorganizzazione delle Procure e dei meccanismi di selezione per il Consiglio superiore della magistratura. Ma è solo un sunto delle legge-delega che giace dimenticata in parlamento da quasi un anno, con prospettive, al meglio, vaghe e lontane. Assenti invece le riforme concrete necessarie per far avanzare gli obiettivi del Recovery Plan su ambiente, formazione, sostegno ai giovani. Esempi? Niente sui complicatissimi processi autorizzativi per le rinnovabili; niente sui diritti di veto all’interno dei condomini contro le ristrutturazioni con ecobonus; niente di niente sull’alternanza scuola-lavoro; non un’idea su come rafforzare i centri per l’impiego; non un cenno ai vincoli che rendono il 5G costosissimo in Italia.Per la Sanità?

Come anticipato dal «Corriere» il 23 ottobre, il ministro Roberto Speranza lavora a un piano industriale sulla Sanità da 65 miliardi. Il pezzo forte è un rafforzamento della medicina territoriale da 25-30 miliardi. Il Recovery Plan italiano, però, sulla Sanità ha solo 9 miliardi, appena quattro per la medicina territoriale. Eppure oggi l’Italia è terza al mondo per numero di morti da Covid per milione di abitanti e per età media della popolazione. Siamo certi che i prestiti sanitari del fondo salvataggi Mes non servano?Piano-scuola

Per il «Potenziamento della didattica e diritto allo studio» sono previsti ben 10,1 miliardi. Ma per fare cosa? L’impiego di dieci miliardi è spiegato in appena cinque, vaghissime righe: «Ridurre le disparità territoriali e di genere» o «rafforzare le competenze digitali del personale scolastico». Viene da chiedersi se qualcuno non pensi ad assunzioni o bonus di massa senza vere selezioni del personale. Quanto agli Istituti tecnici professionali, si parla solo di un loro «rilancio»: ma anche qui niente numeri, né strategie.