C. Rocca/ La seconda ondata di cialtronismo

Chi l’avrebbe mai detto? Stiamo andando dritti verso il lockdown, il secondo del 2020, nove mesi dopo il primo, con la curva dei contagi che sale, con i record dei positivi, con la perentoria aritmetica dell’epidemia, con i bollettini quotidiani, con le sirene delle ambulanze.
È tornato perfino Brusaferro, seguiranno anche le task force e altre fregnacce buone per le passerelle televisive della più imbarazzante classe dirigente della storia della Repubblica italiana.

Eppure ci avevano detto che eravamo dei fighi pazzeschi, che il modello italiano era invidiato in tutto il mondo e altre balle casaliniane che troppi giornali si sono bevuti come acqua brillante trasformandola poi in droplet infetti per tutti, anche per gli apoti.

Sappiamo tutti che cosa sta succedendo, ma pare che non interessi a nessuno, a meno di pensare che gli italiani siano diventati un popolo di masochisti, oltre tutto il resto.

La pandemia è un meteorite difficile da evitare, ma nove mesi dopo l’attacco del virus corona la corresponsabilità di quanto ci circonda è anche di questo governo di incapaci, se non di più, che non ha predisposto nessuna rete di protezione, nulla di nulla, per i cittadini italiani, cui ha fornito il solito predicozzo paternalista dopo averli turlupinati con un ennesimo «tutto sotto controllo» come a febbraio, e poi caos e confusione di ogni tipo, sia sul fronte degli aiuti economici sia su quello sanitario (avete provato a fare richiesta dell’ecobonus? È più facile trovare un tampone).

Siamo a ottobre 2020 e nessun italiano sa che cosa fare di fronte alla seconda ondata o a questa coda della prima, come è più corretto definirla. Il sistema dei test varia da regione a regione, certo per colpa del maledetto Titolo V riformato da D’Alema e Prodi per inseguire Bossi, ma soprattutto perché Conte e i suoi non sono stati in grado di elaborare un piano di emergenza nazionale, competenza prevista dall’ordinamento, perché altrimenti non avrebbero potuto scaricare le colpe su altri.

Immuni è una sòla, in Veneto non funziona, ma nonostante le campagne da “app alla patria” non può funzionare da nessuna parte senza un sistema serio di tracciamento e di contenimento del contagio e di tamponamento dei soggetti a rischio. Ormai i numeri suggeriscono che sia troppo tardi.

Oggi un italiano con i sintomi del Covid – febbre, tosse, sapore metallico in bocca – prova a chiamare il medico di famiglia, il quale giustamente dice di non avvicinarsi allo studio altrimenti chiama i carabinieri, quelli fortunatamente liberati dall’incombenza di andare a contare il numero dei commensali nelle case private secondo quanto aveva auspicato Roberto Speranza, evidentemente un congiunto di quel noto comico americano degli anni Quaranta che si chiamava Bob Hope.

Un italiano sintomatico oggi è costretto ad avventurarsi nel mondo di fuori alla ricerca del tampone, in alcune regioni sapendo di dover affrontare anche code di ore e ore, in drive in da terzo mondo più che da Canale 5, oppure andandoci di notte, rasente i muri come i ladri, almeno fin quando non scatterà anche da noi il coprifuoco come in Francia.

Questi geni che tutto il mondo ci invidia non sono riusciti nemmeno a predisporre un numero sufficiente di vaccini contro l’influenza di stagione, che prima del Covid c’erano e ora sono introvabili, con il risultato che a ogni starnuto va in quarantena una famiglia, una scuola, un’azienda non potendosi escludere che una normale influenza sia invece il Covid-19.

Com’è possibile che questi governanti costretti ad affrontare la più grande crisi dal Dopoguerra non siano riusciti a decuplicare gli sforzi per produrre, distribuire e somministrare il normale vaccino antinfluenzale di stagione né a organizzare uno straordinario sistema nazionale di test e di tamponi semplice ed efficiente e diffuso nel territorio per isolare in tempo i positivi e liberare i negativi?

Si sono persi invece in grottesche discussioni sui banchi a rotelle e sulle cene in casa, specchiandosi narcisisticamente sui soffietti pubblicati dai giornali e scaricando le responsabilità sulle Regioni, dove ci sono altri bei ceffi e dove ognuno fa a modo suo (la Campania ha appena chiuso le scuole).

Insomma assistiamo a una catastrofe civile, morale e politica, oltre a quella sanitaria ed economica. A un lockdown intellettuale. A una chiusura della mente italiana che sarà difficile riaprire, anche quando il virus sarà neutralizzato.