GALLONI E I POLITICI CHE NON SANNO GOVERNARE

Avete presente Berlusconi che si presenta sempre con dei fogli in mano? Nessuno ha mai capito questo vezzo o necessità, imposta da qualche esperto di comunicazione, ma è certo che Berlusconi può parlare in pubblico con cognizione di causa solo delle sue aziende. Di tutto il resto dice quello che ha  imparato a memoria. Cioè, lui come qualsiasi altro politico (o consigliere comunale e regionale), come ogni alunno diligente, ripete a pappagallo quel che gli hanno detto di leggersi, per ripeterlo a domanda ricevuta. Prendiamo un qualsiasi argomento: il Mes, per esempio. Ogni politico che appare in tv, come ogni persona che ne parla con un amico, ripete a memoria quello che ha letto. Soltanto un economista che ne ha studiato il funzionamento può, invece di ripetere, spiegare. L’esempio mi serve per dimostrare la differenza che corre tra i nostri politici (gente che non sa ma ripete a memoria) e gli amministratori (gente esperta).  Tra chi sa e chi sa fare. Prendiamo il ministro dell’economia Gualtieri. E’ laureato in Lettere, è professore associato di Storia contemporanea ma come deputato europeo nel 2014 è stato eletto Presidente della Commissione per i problemi economici e monetari. In buona sostanza è uno storico ma come eurodeputato segue e conosce il dibattito europeo sul futuro dell’Unione Economica e Monetaria. Come ministro dell’Economia è chiaro che si basa sui dossier che gli preparano i collaboratori, ma se va a Bruxelles si sa muovere molto meglio di Conte. Prendiamo quest’ultimo, il presidente del Consiglio, l’ennesimo giurista che fa politica. Quasi tutto quello che dice in pubblico e i suoi comunicati scritti sono frutto del suo addetto stampa Rocco Casalino. Dopo di che può essere un buon politico, non metto bocca, uno che fa il centro di gravità tra due forze opposte, prima i gialloverdi, e adesso i giallorossi, si barcamena. Ma è un politico, con l’arte del rinvio, non un amministratore.
Ho conosciuto molto bene un grande politico, in quella stessa facoltà di Firenze che ha sfornato prima Renzi e poi il Conte Casalino. Era un mio professore universitario col quale feci Diritto Agrario. Si chiamava Giovanni Galloni (1927-2018) ed era siciliano. Lo conobbi perchè dovevo fare l’esame e Galloni era impegnato a Roma per l’elezione del presidente della Repubblica. Mi rimandò l’esame e quando gli chiesi quando avrebbe rimesso l’appello mi rispose: Quando riusciamo a non fare eleggere Amintore Fanfani.

Galloni era della corrente di sinistra “Base” (con Bodrato, Granelli e Marcora) mentre Fanfani era un doroteo. Galloni riuscì, dopo ben 23 scrutini, il 24 dicembre 1971, a scongiurare Fanfani e far eleggere Giovanni Leone, un altro giurista che veniva chiamato a presiedere governi balneari e che fu l’unica mediazione possibile tra le varie anime diccì. Il 1972 riuscii a fare l’esame con lui, che poi nell’87 divenne anche ministro della pubblica istruzione (il successore della eterna Falcucci). Galloni, sei volte parlamentare, direttore de Il Popolo, è stato molto di più di una figura di spicco della Democrazia Cristiana, perché forse come pochi cattolici in politica ha saputo essere un ideologo, rispettato culturalmente e talvolta bistrattato politicamente anche dai suoi amici. Tutte le volte che gli ho parlato (insisteva perchè facessi la tesi con lui) mi ha spiegato cosa fosse la politica per lui, un’attività nobile dove la ricerca della mediazione è un difficile e laborioso percorso da equilibrista.

Ma i dossier, lui li chiamava temi, cioè le questioni concrete, i problemi, non riguardavano secondo lui i politici ma i tecnici. I tecnici prospettavano le possibili soluzioni e poi i politici dovevano sceglierne una e trovare l’accordo tra di loro (nel suo caso innanzitutto con le altre correnti della dc).

Ripensavo a quei dialoghi in questi giorni. La Bassanini ha cambiato in peggio lo schema sul quale si basava Galloni, separando i tecnici dai politici. Per esempio, finora avevamo capito che Giuseppi, il capo del governo espresso dal primo partito no-vax italiano, era divenuto il più fermo sostenitore del primato della scienza (?). Ogni sua decisione sembrava fosse stata presa su impulso del Comitato tecnico scientifico. Lui appariva come un esecutore. A quanto risulta invece dai verbali appena resi pubblici, il Comitato tecnico scientifico è stato chiamato ad assumersi la responsabilità delle decisioni prese da Conte. O quanto meno a fargli da schermo. Per cui io capisco questo: se il CTS ti dice che devi chiudere immediatamente Alzano e Nembro, e tu Giuseppi lo fai 4 giorni dopo, adesso ti devi assumere la colpa. Ti dai le arie di un grande politico, ma non sai governare.