DARIO DI VICO/SE AVANZA LO STATO PADRONE

Ma sappiamo che il virus ha rafforzato ovunque il ruolo degli Stati ovvero del «capitalismo politico» — basta pensare ai prestiti garantiti dalla Sace ai grandi privati — e se questa tendenza finisce, come da noi, in dote a governi che diffidano dell’impresa, amano esibire i capri espiatori e praticano il populismo delle tariffe, il cerchio si chiude. È quanto sta avvenendo in Italia, dove abolire la povertà e abbattere i Benetton è diventato il programma da esibire in favore di telecamere. Il guaio per il contribuente italiano — quello che alla fin della fiera è comunque l’azionista di maggioranza del capitalismo politico — è che questa tendenza precipita in un momento in cui la macchina pubblica, mai come prima, appare priva delle competenze necessarie per impostare una politica industriale degna di questo nome. Lo dimostrano lo stato pietoso in cui è ridotto l’ex ministero dell’Industria e le cento commissioni che il governo fa nascere ogni volta che deve affrontare un rebus, sciogliere un nodo. Ed è in queste condizioni che la politica finisce per teorizzare la quotazione in Borsa della nuova società Autostrade obbligandola però a non essere «assoggettata alle logiche di mercato». Ovvero a nuotare con le braccia legate. Auguri. (da Corsera)