ALBERTO MINGARDI/IL “GENERALE STATO” E’ IN CAMPO

(Alberto Mingardi, Corriere Economia) L’Italia del governo giallorosso sembra considerare il Covid la sua piccola guerra. Il presidente del Consiglio si è paragonato a Churchill, ma dell’esperienza bellica la sua squadra è determinata ad apprendere la lezione che ne trasse Clemente Attles. I laburisti inglesi erano convinti che come lo Stato aveva gestito la produzione sotto le bombe, così avrebbero potuto organizzare l’attività economica in tempo di pace. L’Italia del 2020 non è l’Inghilterra del 1945. Una spesa pubblica all’incirca di metà del Pil segnava l’eccezionalità della guerra, in Italia è invece da tempo la normalità. Due sono le questioni oggi: se serva più Stato per fronteggiare rischi simili a quelli che abbiamo attraversato, e se serva più Stato per tornare ai livelli di benessere paragonabili a quelli di prima della pandemia…In Italia la mortalità è stata elevata (56,76 morti ogni 100mila abitanti) . Su valori simili troviamo la Francia, la Spagna e il Regno Unito…Nessuno di essi ha uno “Stato leggero” come non lo ha la Germania che pure ha avuto 10 morti ogni 100 mila abitanti. Fra gli Stati che hanno reagito meglio alla minaccia del virus ci sono le democrazie orientali di Corea del Sud (0,54 morti/100mila abitanti) e Taiwan (0,03), dove la spesa pubblica è rispettivamente il 30 e il 20% del Pil (con un prodotto pro-capite molto vicino a quello italiano).
La differenza la fa allora una sanità pubblica e nazionale? A Taiwan la spesa sanitaria è il 6% del Pil e, per quanto Formosa abbia un sistema a pagatore unico, esso è composto da un mosaico di ospedali privati e medici che operano come liberi professionisti. In Inghilterra la sanità pesa per il 10% del Pil e il sistema è il prototipo del servizio sanitario nazionale, pubblico e con un’unica cabina di regia. In Germania (per la sanità si spende l’11% del Pil) solo il 28% degli ospedali è di proprietà dello Stato: gli altri sono erogatori di diritto privato, for profit e non profit.
L’equilibrio tra Stato e mercato è forse la questione politica per eccellenza ma non può spiegare tutto.
Contano altri fattori come l’esperienza con epidemie precedenti (come Sars e Mers nei paesi asiatici); la diversa intensità dei primi focolai, la capacità di mobilitare risorse, pubbliche e private, per avviare un capillare sistema di test. Se Andrea Crisanti ha spiegato di aver cominciato a fare test con reagenti comprati coi suoi modesti fondi di ricerca dell’Imperial College, forse non sono ingenti risorse a fare la differenza.
Attenzione. Se utilizzeremo il prestito del Mes per intervenire nel nostro Ssn , bisognerà pur mettere un complemento di fine al verbo “spendere”.
Se uno “Stato massimo” non è necessariamente una buona assicurazione contro il rischio epidemico non è detto che non sia l’unico modo per evitare la depressione. Le stime di crescita del Pil sono così ballerine che ancora non è chiara la correlazione tra l’entità dello sforzo di stimolo e la riduzione nella caduta del Pil. Anche in questo caso l’entità dei quattrini non sono l’unico fattore in gioco.Se davvero andiamo verso una nuova normalità post Covid conterà quanto si riesce a favorire una grande riallocazione delle risorse, e questo lo determinerà in buona misura il grado di flessibilità del mercato del lavoro.
Di certo sappiamo che anche nelle settimane più problematiche non sono mancati sugli scaffali dei nostri supermercati i nostri cereali e le nostre scatolette di tonno preferiti. Sappiamo che ciò è avvenuto nonostante tutte le filiere dell’alimentare fossero sotto pressione ovunque in mezzo mondo. Questa cosa misteriosa che chiamiamo “ libero mercato” in qualche modo ha fatto il suo dovere. Negli stessi giorni il Generale Stato si occupava dell’acquisto di reagenti tamponi e mascherine. Ciascuno può giudicare con quanta efficacia.