SCUOLA/IL PRINCIPIO DELL’ALUNNO-PACCO

Una serie di errori dovuti a “negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme”, oltre che di sfortunate circostanze, ha provocato la morte di Leonardo, che non aveva ancora 6 anni quando è precipitato dalle scale della scuola Pirelli di Milano facendo un volo di oltre 13 metri. A mettere in fila la catena di eventi di quel 18 ottobre dell’anno scorso è stato il pm Maria Letizia Mocciaro, che ha notificato l’avviso di chiusura indagini per omicidio colposo alle due maestre del piccolo e alla bidella. Come viene ricostruito nell’atto, intorno alle 9,30 il bambino aveva ottenuto il permesso di andare in bagno dalle due insegnanti, che non lo avevano accompagnato nonostante fossero in due in classe. Leonardo si era avvicinato alla tromba delle scale dove aveva trovato “una sedia girevole con rotelle (abbandonata e incustodita)” e si era arrampicato forse incuriosito dal vociare, al piano di sotto, di un’altra classe che stava per andare in palestra. Infine si era sporto, perdendo l’equilibrio e precipitando nel vuoto.
Le due maestre sono accusate di avere “omesso la dovuta vigilanza sul bambino” avendogli consentito di “recarsi ai servizi igienici fuori dall’orario programmato”, violando il regolamento dell’Istituto e la direttiva della scuola sulla vigilanza degli alunni. La mancata sorveglianza è imputata anche alla collaboratrice scolastica che avrebbe anche “utilizzato il cellulare per scopi personali” durante il tempo in cui avrebbe dovuto sorvegliare Leonardo che era andato ai servizi igienici. La donna inoltre non si sarebbe nemmeno trovata nel gabbiotto del piano da cui avrebbe potuto osservare i suoi comportamenti. Infine l’ultimo errore: avere “lasciato incustodita” una sedia girevole vicino alle scale “determinando il pericolo che poi si è concretizzato”. Questa storia spiega molto bene l’Italia, un paese dove si pensa che il diritto possa disciplinare tutti gli accadimenti umani in tutti i loro aspetti e dove spesso il colpevole diventa un capro espiatorio per l’elaborazione del lutto. Nel caso dei minori (lo sono tutti sino a 18 anni!) tutte le norme affermano un principio educativo illogico perchè non tende a rafforzare la loro autonomia ma l’esatto contrario: il minore (“incapace” è termine giuridico che viene interpretato come “deficiente”) non si dovrebbe mai perdere di vista come se fosse un pacco: deve essere “custodito” sempre da un adulto. Di conseguenza a scuola quando egli, fuori orario, accusando un’urgenza impellente, chiede ad un prof di andare al bagno, il prof deve affidarlo ad un bidello, ma se non c’è, accompagnarlo (presumo fin dentro il gabinetto) e poi ritornare in classe con l’alunno. A chi lascia in custodia gli altri della classe non si sa. Ogni minore potrebbe fare qualche imprudenza. Allo stesso principio risponde tutta la procedura all’uscita da scuola dove ogni pacco deve passare dalle mani della scuola a quella dei genitori senza mai essere lasciato incustodito. Resta il tema di fondo che trattai nel mio romanzo giallo “Azzurro”. Il tema è l’attenzione. Ma tutte le norme non ci fanno stare più attenti.