L’Italia chiagni e fotti fondata sull’evasione fiscale

La domanda che mi pongo da anni è la seguente: perchè la lotta all’evasione fiscale non è prioritaria e fondamentale per la nostra politica? Oggi è anche  più facile, le nuove tecnologie permettono una tracciabilità del denaro mai vista finora, solo il collegamento tra le casse e i server dell’agenzia dell’entrate potrebbe mettere in ginocchio con pochi click gran parte dell’evasione. Ma a tutte le forze politiche italiane, nere, rosse, gialle, verdi e bianche, quest’Italia ingiusta e ridicola sta bene così.

In totale sono, secondo la Cgia di Mestre, 114 miliardi (Cottarelli dice che sono 130). Questa è la spaventosa cifra a cui ammonta l’evasione fiscale e contributiva nel nostro Paese. Frutto del fisco più complicato del mondo.

Per farci un’idea, visto che la pandemia ci ha fatto stigmatizzare i tagli alla sanità,  dobbiamo pensare che l’intera spesa pubblica per la sanità, in un anno, vale circa 118 miliardi di euro. O che i 114 miliardi dell’evasione sono una cifra 33 volte più grande dei fondi destinati alla ricostruzione dopo i terremoti. O ancora, che con la quantità di denaro che ogni anno viene evasa si potrebbe pagare per ben due volte tutte le spese del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca. Volete raddoppiare gli stipendi dei professori? Ecco dove trovare i soldi senza piangere.

Noi ci assolviamo (con i condoni) raccontandoci la bugia più grande, che la pressione fiscale è troppo alta. Per chi è alta, la pressione? Per chi paga, quei pochi che pagano vengono tartassati. Vediamo. Quasi la metà dei contribuenti italiani dichiara un reddito sotto i 15mila euro (a Lamezia la media è 15.737 su quasi 40mila contribuenti). Però i 15mila  euro di reddito sono lordi, e ciò comporta che al netto gli italiani incassano molto di meno, diciamo 11.250 euro, ovvero neppure mille euro al mese netti. Credibile? No, assurdo.

Siete mai capitati in un qualsiasi tabacchino?

A Lamezia nel 2019 si sono giocati 75 milioni, 110 miliardi di euro in Italia (ultimo dato disponibile).

Gli italiani spendono in media in giochi e scommesse l’1,86% del proprio reddito. Una media di un euro al giorno speso nella speranza di cambiare vita. Non ci crederete (?) ma sono al Sud le regioni (in testa Campania e subito dopo Calabria) con la percentuale di spesa per il gioco maggiore se rapportata al reddito, mentre la spesa è più bassa al Centro-Nord.

Ci saranno accaniti giocatori anche tra i 12,6 milioni di persone che nel 2018 non hanno pagato un euro di Irpef a causa di redditi molto bassi o per effetto delle detrazioni. La metà dei contribuenti ha un reddito tra i 15mila e i 50mila euro e paga il 56% dell’Irpef totale, mentre solo il 6% ha un reddito superiore a 50mila euro pari al 40% dell’Irpef. I redditi dichiarati sopra i 300mila euro sono solo lo 0,1% del totale.

Ecco a voi la situazione che fornisce il ministero dell’Economia con i dati sulle dichiarazioni dei redditi 2019 (per anno d’imposta 2018) di 41,4 milioni di contribuenti italiani. I redditi da lavoro dipendente e da pensionato rappresentano l’82% del reddito dichiarato.

Il reddito medio più elevato è quello del lavoratore autonomo con 46.240 euro, mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori titolari di ditte individuali è di 20.940 (!) Circa 120 euro in più del reddito medio dichiarato al Fisco dai lavoratori dipendenti. 

Una situazione assurda e insostenibile per qualsiasi economia moderna perchè chiunque, anche senza studi di economia alle spalle, può capire chi sono gli italiani davvero tartassati e chi i furbi.

La media nazionale dell’evasione fiscale è al 16,3%, con punte del 24,7% in Calabria, del 23,4% in Campania e del 22,3% in Sicilia.

Una economia moderna ed europea che si basa sul lavoro nero (quasi 4 milioni di persone) e sulla infedeltà fiscale non può crescere, se ogni anno lo Stato deve pagare ben 70 miliardi di interessi sul debito senza incassare al contempo 130 miliardi dagli evasori. Rinunciamo a 200 miliardi.

Per converso ce la prendiamo con l’Europa che non ci regala soldi, perchè noi non vogliamo fare, come il più svogliato scolaretto, i compiti (ordine e giustizia) a casa.

La torta del reddito totale dichiarato (pensione, lavoro dipendente e lavoro autonomo) ammonta a circa 880 miliardi, con un reddito medio di 21.660 euro. La Lombardia è stata la regione con il reddito medio complessivo più alto, 25.670 euro, seguita dai 24.760 euro di Bolzano.

La Calabria è quella con il reddito medio più basso: 15.430 euro. Se 12 milioni di italiani non pagano neppure 1 euro all’anno e il 40% dell’Irpef viene caricato sulle spalle del 6% dei contribuenti, a me viene il dubbio che prima (o accanto alla) della questione meridionale vi sia una questione fiscale in Italia.

D’altra parte il costo della vita così diverso tra Nord e Sud  condiziona i redditi fissi di pensionati e dipendenti pubblici rendendo difficoltosi i trasferimenti nella penisola. Ma i sindacati per mero potere non rinunciano alla prevalenza dei contratti nazionali su quelli aziendali.

L’evasione fiscale è dunque il simbolo del nostro familismo amorale, del nostro modo di concepire la vita, il lavoro, la famiglia. La più grande questione culturale italiana (chiagni e fotti), ma non per i nostri indignati e pensosi intellettuali: per loro resta roba da economisti.

La sinistra si appassiona per i migranti ma non ha tempo per gli evasori, la destra li giustifica, la Chiesa non li ha mai mandati all’Inferno, insomma chi paga i tributi in Italia sono quei poveri fessi evocati da Prezzolini. Fessi perchè pagano, non protestano e non li rappresenta nè ringrazia nessuno.