LAMEZIA/L’ANTISTATO DEI CARRIERISMI E IL RITORNO DEL FRONTE POPOLARE

Piccola premessa. Se uno Stato democratico dovendo nominare 78 presidenti di seggio a Lamezia per le elezioni, ancora nel 2019 nomina qualche “assoluto incapace”, non rientra questo antichissimo andazzo anche in quel “disordine amministrativo” di cui parla la sentenza di scioglimento? Che futuro ci aspetta? Vedremo. Comunque non lo dico io ma il sindaco di Milano Sala: “un sindaco in una città conta non più del 10 per cento. Il resto lo fanno i cittadini”. Lamezia è una città frutto di un disegnino sulla carta geografica, una realtà composita frastagliata che è molto difficile amministrare e tenere insieme. In poco più di mezzo secolo dalla sua nascita abbiamo visto che i due terzi della popolazione politicamente si collocano stabilmente nel centro destra, se volessimo adoperare il vecchio schema ideologico delle bandierine destra-sinistra. Lamezia ha una struttura economica ormai spiegata dagli esperti: conti ‘ndranghetisti arricchiti da droga,usura,pizzo, prostituzione che si riciclano nell’economia “pulita” acquisendo industrie, negozi e imprese con cui fare profitti normali oltre che riciclare i soldi dello spaccio (solo il gioco d’azzardo fattura in un anno 20milioni di euro, una somma pari all’intero debito della Multiservizi); venuto meno il settore terziario e l’agricoltura sambiasina, tradizionali settori economici, i lametini vivono grazie agli investimenti mafiosi e al pubblico impiego, a pensioni e provvidenze varie; i giovani emigrano per cercare un lavoro. In sintesi anche Lamezia è una città signorile di massa, secondo la definizione di Luca Ricolfi, per intendere che i consumi superano di molto ciò che si produce. I partiti politici novecenteschi non esistono più (così come le cabine telefoniche) essendo diventati “sigle” inventate da aspiranti leader; la comunicazione politica passa in prevalenza dai social mentre giornali e tv (pur con tutte le arie che si danno) occupano un ruolo che definire marginale è superfluo. Il fatto che al ballottaggio ci saranno Mascaro e Pegna non sorprende più di tanto, in quanto, come avevo già segnalato in due commenti, i 10mila voti di Tommaso Sonni nel 2015 erano un miracolo e stavolta erano in due a sinistra, Guarascio e Piccioni, a sperare di ripetere quel miracolo. Non dimentichiamoci che nelle elezioni del 2015 il pd venne commissariato con Soriero e Sonni mise tutti d’accordo perchè vinse le primarie. I miracoli per la sinistra lametina sono avvenuti soltanto quando una candidatura unitaria ha proposto un volto nuovo, prima la Lo Moro e poi Speranza. A Lamezia da ormai mezzo secolo esistono 2 sinistre incomunicabili che il Pci e il FPCR (Fronte popolare comunista rivoluzionario) incarnavano bene. Da una parte i traditori rinnegati, dall’altra i giovani rivoluzionari puri (una costante nella storia del movimento operaio). Basti pensare che mentre nelle città italiane negli anni settanta c’erano gruppi extraparlamentari strutturati con leader riconosciuti, Lotta Continua, Potere operaio, i marxisti-leninisti, a Lamezia c’era un gruppuscolo “locale” che solo in seguito, dividendosi a sua volta, si sarebbe collegato con le formazioni nazionali (Avanguardia operaia, il Manifesto). Bene, il grande regista Nolan ha detto una volta che il parassita più resistente è un’idea. Nel 2019 Rosario Piccioni ha riproposto il Fronte popolare, un gruppo “lametino” di sinistra senza alcun riferimento nazionale, sganciato finanche da Leu o da Potere al Popolo. Il risultato è stato il solito “fotticompagno”, la logica minoritaria “proporzionalista” oggi tornata in auge da quando la politica è stata rifondata (dal 1994) sui brand. “Salvini” è un brand, un logo, come “Coca Cola” o “Tod’s”. Evoca una storia, un prodotto. Alle politiche tu voti Salvini e porti in parlamento avatar di Salvini sul territorio. Alle comunali lametine scorse i 10 mila che hanno votato “Sonni” non hanno votato pd o El pueblo unido jamas serà vencido ma hanno votato per lui. Per capirci, sono stati voti personali di Sonni. El pueblo unido, siccome nel 2015 ha perso al ballottaggio, stavolta lo ha voluto evitare. Ora vi propongo un giochino. Vi  trascrivo due dichiarazioni e voi dovete indovinare chi le ha pronunciate:

1)“Se qui è mafia, è tutto mafia: dalla Regione Calabria, alla Provincia allo Stato. La ‘ndrangheta è da tutte le parti. Non solo qui. Siamo stati abbandonati da tutti”.

2)“Qui non esiste la mafia. La ‘ndrangheta è a Roma tra i ministri. Sono una massa di farabutti, tutti quanti”

Ecco, queste due dichiarazioni esprimono bene il cd sentiment, le avrete senz’altro sentite a Lamezia dopo il primo, secondo e  terzo scioglimento. Però in realtà le ha fatte l’ex  sindaco di San Luca nella Locride, sciolto nel 2015 e rimasto 6 anni senza sindaco. Lamezia, lo ribadisco, non ha niente di meno rispetto a San Luca. Noi invece dei Pelle, Strangio, Nirta, Voltari, abbiamo altri protettori, tutto qui. La mafia si siede al tavolo della roulette e scommette su alcuni numeri probabili vincenti. Ma dopo che il numero è uscito, la mafia sta con quel numero, perchè la mafia è sempre governativa e non perde mai. Tempo 2 anni e il comune di Lamezia come nel gioco dell’oca tornerà alla casella di oggi: Mascaro è davvero un uomo solo al comando e un avvocato -sindaco che se la prende con “l’Antistato dei carrierismi che ci trasforma in demoni” (corrieredellacalabria, 29/3/2019) solo resterà. In democrazia si vince e si perde, ma Lamezia perde sempre, sia con la destra che con la sinistra.

Ecco i risultati del primo turno: 34.209 i votanti su un totale di 62.214 elettori, il 54.99%; le schede bianche sono state 120, quelle nulle 1152 e 12 voti nulli. Nel 2015 i votanti al primo turno erano stati 41.102, il 66.08% su 62.201 elettori. Le schede bianche 159 mentre quelle non valide (bianche incluse) 1.490. Mascaro (38,89% ) 12805; Pegna (23%) 7573; Guarascio (17,63%) 5806; Piccioni (10,89%) 3585.