POLITICA/ IL MONDO DI SILVIO E IL MONDO DEL WEB

In “1994”, una serie tv che stasera finisce con le ultime due puntate, c’è una scena madre (scrive Antonio Polito sul Corsera) che ti fa  assistere a una sorta di passaggio del testimone tra la Seconda e la Terza Repubblica, tra il mondo di Silvio e il mondo di dopo, tra l’era della tv e quella del web. Il «cattivo» della storia, un cinico e mefistofelico Leonardo Notte interpretato da Stefano Accorsi, ha finalmente rintracciato l’hacker che, con una serie di imbarazzanti rivelazioni, gli ha rovinato la quotazione in Borsa della sua società, «uno scherzetto da 70 milioni». Lo smanettone gli spiega  che ha imparato da Gianroberto Casaleggio: «Questo nome ti dice niente?… Ha cominciato alla Olivetti, poi è andato a dirigere la Webegg dove ha scoperto come diffondere le sue idee con la rete, facendo sembrare che venissero dal basso, è lui che mi ha fatto crescere insegnandomi tutto quello che so, è un genio…». Questa frase — «diffondere le sue idee facendo sembrare che venissero dal basso» —  richiama e simbolizza tutto ciò che è cambiato nel tornante del 2011. Innanzitutto la trasformazione da una politica 2.0, dal produttore al consumatore, dal Cavaliere agli elettori via Mike Bongiorno e Iva Zanicchi, a una politica 4.0, in cui uno vale uno e produttore e consumatore sono sullo stesso piano, a meno che il produttore non trovi il modo di far sì che il consumatore voglia proprio ciò che lui vuole che voglia. Questa è diventata infatti la «democrazia dell’opinione», la permanent campaign, la battaglia quotidiana del consenso nella Terza Repubblica. Anche se l’innovazione clamorosa introdotta da «Rousseau» sembra già essere stata scavalcata dalla «Bestia» di Salvini, come alla rivoluzione di Robespierre fece seguito il Termidoro e Napoleone. La questione dell’uguaglianza si pone da quel punto in poi in modo diverso da tutta la tradizione della democrazia rappresentativa: non ha più bisogno della mediazione della politica. E il rancore sociale, provocato dall’insuccesso personale o dalla crisi collettiva, trova un suo vettore nuovo per entrare nel sistema circolatorio del potere. La prima vittima non può che essere la sinistra, con le strutture analogiche, dal sindacato alle sezioni, fatte per raccogliere e canalizzare la protesta, che ora non riescono neanche più a vedere dove si genera. Non a caso, la lunghissima parentesi nella storia della repubblica dei partiti non finisce in quel 2011, anzi. Proprio quando la caduta del Cavaliere sembra apparecchiare la tavola per il ritorno al governo di una forza tradizionale come il Pd di Bersani, l’onda della rivoluzione via web irrompe sulla scena e nel 2013 porterà alle stelle i Cinquestelle. A riempire il vuoto di potere arrivano homines novi.

Vedete, ieri sera da Corrado Formigli su la 7, c’era Bersani che nel 2013 tentò di avvicinare il M5S e fu sbeffeggiato in streaming. Siccome oggi Zingaretti &C. hanno lanciato l’alleanza con i casaleggi come il Progetto nuovo per questa Italia che non cresce, i Bersani gongolano: avevo ragione io! I cinquestelle sono di sinistra e ci dobbiamo alleare con loro. Nel 2019 forse è più facile ricostruire gli avvenimenti. Quando il 26 gennaio 1994 Berlusconi scese in campo, i D’Alema e Bersani, non avendo capito nulla del nuovo mondo della comunicazione, pensarono: a questo qui noi vecchi marpioni ce lo mangiamo. E sappiamo com’è andata. Adesso che il pd ha capito Berlusconi e l’uso della tv, sono arrivati Casaleggio e Salvini che non usano più la tv ma i social. Insomma, per la sinistra è sempre un rincorrere, sempre in ritardo. Mentre la Ditta e la sinistra ideologica del novecento erano impegnati a far la guerra al “partito personale” di Renzi, la Bestia di Salvini e la piattaforma Rousseau manipolavano il consenso ottenendolo a Sud come al Nord. Magari qualche reduce se si mette davanti alla tv e si guarda la serie “1994” può capire meglio come siamo arrivati al mondo politico di oggi.