RICOLFI/LA SOCIETA’ SIGNORILE DI MASSA

L’Italia, spiega il sociologo torinese Luca Ricolfi  è una società signorile di massa (La nave di Teseo),  dove il numero di cittadini che non lavorano ha superato ampiamente il numero di quelli che lavorano, l’accesso ai consumi opulenti ha raggiunto una larga parte della popolazione e la produttività è ferma da 20 anni. Ad alimentare i consumi sono per prime le rendite (fonti del reddito che non siano nè salari nè profitti) , la fonte su cui da sempre nobili, proprietari e classe agiata hanno poggiato le loro vite. Siamo diventati signori senza essere stati capitalisti.

La nostra società opulenta è nata tra gli anni Ottanta e i primi anni Duemila : «Non l’auto ma la seconda auto con gli optional. Non la casa, ma la seconda casa al mare o in montagna. Non la bici ma le costose attrezzature da sub o da sci. Non le solite vacanze d’agosto dai parenti ma weekend lunghi e ripetuti. E ancora: i corsi di judo, l’apericena, i mega schermi piatti. Un consumo che eccede i bisogni essenziali, supera il triplo del livello di sussistenza». Come testimoniano anche i 107 miliardi di spesa per il gioco d’azzardo, il 65% di vacanze lunghe, un’auto e mezza per famiglia, le ripetizioni a manetta per i figli, il 36% iscritto a palestre e centri fitness e la cifra-monstre di 8 milioni di consumatori di sostanze illegali.

Questa società signorile, che consuma più di quanto produca, a Ricolfi appare indubitabilmente malata e si regge su tre pilastri. La ricchezza reale e finanziaria accumulata dai nonni, la distruzione della scuola e, infine, la formazione di un’infrastruttura schiavistica, un esercito di paria al servizio dei Signori. Nel 1951 la ricchezza media della famiglia italiana era di circa 100 mila euro, negli anni ’90 era salita a 350 mila — grazie al debito pubblico e alle bolle speculative immobiliari — e oggi viaggia su quota 400.«La ricchezza è cresciuta più del reddito» annota Ricolfi. Che riserva parole durissime allo stato di (cattiva) salute della scuola. È stata l’istruzione senza qualità a generare il fenomeno della disoccupazione volontaria che il sociologo riassume simbolicamente nella storia di un pizzaiolo piemontese tra i migliori d’Italia che in otto mesi non è riuscito a coprire un posto da cameriere nel suo locale. I titoli di studio rilasciati dalla scuola e dall’università sono eccessivi rispetto alle capacità effettivamente trasmesse — rincara Ricolfi — La scolarizzazione di massa ha moltiplicato il numero di aspiranti a posizioni sociali medio-alte ma il numero di tali posizioni resta invariato». I giovani però possono permettersi di rifiutare offerte di lavoro che giudicano inadeguate perché nonni e padri hanno accumulato una quantità di ricchezza senza precedenti.

«L’ argentinizzazione è un declino sufficientemente lento da non suscitare reazioni apprezzabili nei declinanti. Sul piano economico, si può evitare solo facendo ripartire la produttività, ferma da vent’ anni. Ma per fare questo ci vorrebbe una classe dirigente decente che – prima ancora di abbassare le tasse – smantellasse la burocrazia e la selva delle leggi e dei regolamenti. In breve: mission impossible».