Bufale sul fisco: Evadono solo i pesci grossi

La lettura di COLPEVOLI EVASIONI (Università Bocconi Editore, 2017) di Vincenzo Visco, è un ottimo esercizio per separare il grano dal loglio sul tema dell’evasione fiscale.
L’Italia è un paese con scarso senso civico, nella cui struttura produttiva hanno un peso eccessivo microimprese, piccolo commercio, lavoro autonomo, spesso precario, e dotato di un’amministrazione pubblica poco efficiente e dinamica. L’evasione dipende dalla probabilità di essere scoperti e dalla severità delle pene.
Prendiamo l’economia sommersa, strettamente connessa all’evasione. Qui si spiegano in modo chiaro i metodi utilizzati per le stime, incerte e difficili, ma che portano a identificare con sicurezza il poco invidiabile primato del nostro Paese nella diffusione del fenomeno: stime molto alte quelle fatte da studiosi e istituzioni internazionali (circa il 25% del Pil), meno penalizzanti quelle proposte dall’Istat (12%), comunque più elevate di quelle relative ai maggiori Paesi sviluppati.
M5S e LeU al governo vorrebbero fare la lotta solo ai pesci grossi, ma sono loro il vero problema? Visco spiega: sull’evasione si sa praticamente tutto, ammontare, distribuzione territoriale, chi evade di più e di meno: non evadono i redditi di capitale, interamente tracciati e tassati alla fonte attraverso il sistema bancario, ma soggetti ad aliquote ridotte; poco i lavoratori dipendenti e pensionati (essenzialmente per straordinari o attività secondarie in nero), non molto le imprese industriali in senso stretto; molto le costruzioni, il commercio, gli alberghi e i ristoranti, i servizi; un po’ meno le professioni; molto più le imprese piccole rispetto a quelle di maggiori dimensioni e più strutture (che viceversa eludono quando e come possono); come ammontare è (molto) più elevata al Nord, ma in percentuale delle basi imponibili è maggiore al Sud; le imprese maggiormente integrate nel mercato internazionale evadono meno delle altre ecc.
In questa sintesi emerge un’importante idea. L’evasione è minore laddove è possibile utilizzare lo strumento della ritenuta alla fonte effettuata da un soggetto terzo (ad es. la banca per i redditi di capitale, il datore di lavoro e l’Inps per reddito da lavoro e pensioni).
Ma arriviamo alla sostanza del problema: che fare? Secondo Visco non serve il contrasto di interessi, cioè detrarre quanto speso, in tutto o in parte, dal reddito imponibile delle imposte dirette. Dice Visco che fin tanto che il fisco cede un euro (consentendo una detrazione all’acquirente), questi e il venditore del bene o servizio potranno sempre trovare il modo di evadere e di ripartirsi il surplus messo a disposizione dallo Stato.
A proposito della disincentivazione all’uso del contante, pur ritenuta non inopportuna, si osserva che conta maggiormente la possibilità di conservare traccia delle operazioni effettuate negli scambi. Emerge qui un concetto chiave dell’analisi e delle proposte del libro: la tracciabilità delle operazioni.
Vediamo infine le proposte di riforma. L’attenzione è concentrata sull’Iva, l’imposta sugli scambi di beni e servizi, che insieme all’Irpef produce la maggior parte del gettito (più del 60% delle entrate tributarie): un’imposta a carico di chi compra, ma la cui evasione è causa anche di quella delle imposte sui redditi di chi vende. Mettere sotto controllo l’Iva, utilizzando in modo più coordinato e stringente i concetti di tracciabilità e di ritenute alla fonte effettuate da terzi, è l’idea-forza di Visco. L’idea di fondo del libro è che la soluzione dell’evasione dell’Iva e, a cascata, poi, delle imposte sui redditi richieda un nuovo assetto legislativo, amministrativo e tecnologico. Cruciale è la messa in atto di provvedimenti, quali ad esempio lo scontrino telematico, l’obbligo di pagamento con carta elettronica e, più in generale, una più completa trasmissione telematica delle informazioni relative alle fatture e altre informazioni rilevanti per l’accertamento. La tecnologia esiste – sostiene Visco – e non vi sono ragioni per non applicarla, anche in tempi relativamente brevi. Solo sul fronte dell’Iva, l’applicazione sistematica di queste proposte potrebbe portare a 20-25 miliardi di recupero.
Ma c’è di più. Una volta realizzato un corretto assetto della trasmissione telematica, il meccanismo a stadi della riscossione dell’Iva potrebbe essere utilizzato per incorporarvi un sistema di ritenute alla fonte relative alle imposte sui redditi degli operatori implicati nelle varie fasi del processo produttivo. La proposta è senza dubbio ingegnosa, anche se non vanno sottovalutati, pur essendo percepiti, i rischi di concentrare la riscossione soprattutto nella fase finale degli scambi, ove attualmente è più concentrata l’evasione. La scommessa per il successo sta tuttavia nella costruzione di meccanismi di trasmissione telematica efficiente. Certo l’attività di accertamento non può essere trascurata: essa va sostenuta con i mezzi necessari, anche di personale qualificato, e concentrata nelle fasi in cui l’evasione ha maggiori rischi.(grazie a Paolo Bosi)