LA VICENDA DEL LICEO “VICO” E IL RISERBO


La vicenda del suicidio dell’insegnante napoletano di 53 anni del liceo “Vico” è terribile.
L’accusa è di aver fatto sesso con due studentesse minorenni. L’attività investigativa, coordinata dalla sezione “fasce deboli” della Procura partenopea, è iniziata qualche mese fa dopo la denuncia presentata da una delle due ragazze. Si è trattato, in entrambi i casi, di rapporti consenzienti ma comunque illegali e punibili a norma di legge, se acclarati.
Rapporti che potrebbero essere stati denunciati, alla fine, anche solo per questioni di gelosia.
A mettere in una brutta posizione il docente sono stati sicuramente i messaggi dal chiaro contenuto hot, inviati alle giovani.
Messaggi, è stato appurato dagli investigatori, partiti dal tablet del professore. Lui, però, ha sostenuto che il dispositivo sarebbe stato utilizzato in sua assenza da qualcuno intenzionato a giocargli un brutto tiro. I primi accertamenti eseguiti dagli inquirenti escludono, al momento, che ci siano stati accessi non autorizzati al tablet ma le indagini proseguono per fare piena luce sulla vicenda.
Le due ragazze, dopo la denuncia, sono state convocate in Procura e lì, accompagnate dai rispettivi genitori, hanno fugato i dubbi nutriti dai due sostituti procuratori titolari del fascicolo i quali hanno poi chiesto e ottenuto dal gip la misura cautelare dei domiciliari. Il docente aveva scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere quando il giudice è andato a interrogarlo e il giorno successivo ha deciso di ammazzarsi, sparandosi al petto un colpo con la pistola del padre che teneva conservata in cantina. Ieri si sono svolti i funerali: capita raramente di vedere gli studenti che portano a spalla la bara di un professore, ha scritto il Corsera. Qual è la verità su questa vicenda, insomma, al di là della verità giudiziaria, qual è la verità? Proprio su questo incerto crinale avevo sistemato il racconto del mio libro del 2016 “Azzurro”, un’opera di fantasia che partiva da un ispettore scolastico mandato da Roma in una scuola a porre la seguente domanda : Ma voi che eravate qui, in tanti anni non vi siete accorti di nulla? Perchè la verità è sempre sfuggente, talvolta pericolosa o incredibile, ma una intera comunità che ogni giorno osserva i comportamenti dei suoi componenti, perchè non si accorge mai di nulla? Ecco, se il libro lo avessi scritto oggi, avrei inserito per intero il seguente documento sottoscritto nel liceo “Vico” da 74 tra docenti e Ata colleghi del prof. :
«Qualunque sia la verità, che non è dato a noi di affermare (anche se ognuno, nel profondo del cuore, si è formata una personale opinione) quello che abbiamo urgenza di dire oggi, e di urlare con tutta la forza possibile, è il nostro no. No al linguaggio gratuito e diffamante di certa sedicente stampa che fa passare per diritto di cronaca il più meschino e nauseabondo pettegolezzo. No all’uso indiscriminato dei social, capaci di atterrare e di esaltare, di far scendere nel baratro dell’ inferno e di santificare, un luogo dove tutto ciò che è virtuale diventa reale, dove tutto ciò che è detto non potrà più essere ritirato. Ieri il professore era un pedofilo, oggi è un santo, ieri le due adolescenti erano le povere vittime di un adescamento illecito, ora i carnefici, artefici, del più infido e immorale degli inganni». No al riserbo scambiato per ‘un muro di omertà, scrivono i colleghi del prof. suicida, e questo documento, che dice e non dice, mi appare come un ulteriore segno dei tempi: quando la verità ti sfugge c’è sempre un riserbo al quale far ricorso. Il mio ispettore Pozzi di “Azzurro” avrebbe avuto il suo bel da fare. Lui avrebbe detto : una comunità “attenta”, se c’è un prof che sbaglia, lo blocca subito; se non c’è, lo difende contro le accuse di chiunque. Se invece “cade dalle nuvole”, si appella al riserbo, e ognuno pensi quel che vuole.