AQUARO E ZUCCONI

Il quotidiano “Repubblica” ha perso da poco due fuoriclasse che adesso vorrei ricordare anch’io che sono un semplice lettore. Come mi succede con il calcio io non sono fedele alle squadre ma ai giocatori, per cui Angelo Aquaro, di Martina Franca, lo scoprii sul magazine Sette del Corsera. Lo scoprii perchè mi sembrava strano che uno nella direzione del giornale tenesse una rubrica di musica. “Non aveva ancora 54 anni, ma in fondo era senza età, come può esserlo un folletto impaziente.  Nel suo ufficio mostrava una caricatura disegnata da un collega e amico: occhiali da sole da rocker, una chitarra in mano e la scritta “Aquarius, il vicedirettore elettrico”. La considerava un ritratto fedele”.
Aquaro, approdato poi a Repubblica, era un numero 1 perchè: aveva cominciato con un settimanale e poi era passato ad un quotidiano, per cui sapeva mettere assieme le due tecniche di lavoro. Aveva viaggiato molto, corrispondente in America e Cina, ed era un uomo- macchina. Cioè uno di quelli che confezionano tutto il giornale stando dietro le quinte. Quando aveva finito il suo lavoro, erano ormai le ore piccole, per rilassarsi sceglieva un brano musicale che inondava la redazione e così faceva scoprire ai colleghi dei pezzi memorabili. Un genio, come Vittorio Zucconi, che era di Modena, del 1944 ed era juventino. Con Zucconi io fui curioso, conoscendo il padre Guglielmo, altro grande giornalista che per primo capì l’importanza della tv commerciale e si mise a lavorare con Berlusca. Poi, ad un certo punto, per non diventare un servo sciocco, lo lasciò. La mia curiosità fu: può un figlio essere all’altezza del padre se fa lo stesso mestiere? La risposta fu, talvolta sì. Ma in casi rari, Sandro Mazzola e Vittorio Zucconi. Non intendo spiegare, sarei ripetitivo, il giornalista giramondo corrispondente da Washington, diventato cittadino italo-americano. No, dico solo che per 22 anni è stato direttore di Radio Capital ed è ascoltandolo verso le 19 al suo TigiZero che l’ho capito sino in fondo. Una trasmissione la sua che rendeva inutile leggere i giornali, o vedere la tv. Bastava ascoltarlo, io lo facevo in macchina, e ti informava su quello che di importante era avvenuto o stava accadendo. I suoi commenti, le sue interviste, esclamazioni, tirate, risate, riempivano la sera e il nostro cervello. Poi passò il testimone a Giannini e allora io capii che c’era qualcosa che non andava. Non ci avrebbe abbandonato mai, altrimenti. E non ci lascerà mai la sua voce rauca ed allegra che ci ha riempito la vita per tanti anni. Grazie Angelo, grazie Vittorio per tutto quello che mi avete dato, qualche raggio di sole nel buio.

Angelo Aquaro
Vittorio Zucconi